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Doing Business nell'Unione Europea 2020: Italia

Autore: Subnational Doing Business
Pubblicato il: 4 dicembre 2019
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Sommario

Doing Business in the European Union 2020: Greece, Ireland and Italy studia il contesto imprenditoriale di 6 città in Grecia (Alessandropoli, Atene, Heraklion, Larissa, Patrasso e Salonicco), 5 in Irlanda (Cork, Dublino, Galway, Limerick e Waterford) e 13 in Italia (Ancona, Bari, Bologna, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Reggio Calabria, Roma e Torino). Il rapporto analizza l’effetto di regolamentazioni e prassi diverse sulle piccole e medie imprese misurando cinque indicatori: avvio d’impresa, ottenimento di permessi edilizi, ottenimento di una fornitura di energia elettrica, trasferimento della proprietà immobiliare, e risoluzione di controversie commerciali. L’indagine mette altresì in luce le buone pratiche già esistenti a livello locale che possono essere replicate per agevolare l’imprenditoria su tutto il territorio nazionale.

Doing Business in the European Union è una serie di studi subnazionali curati dal Gruppo Banca Mondiale su richiesta e finanziamento della Commissione Europea. Le edizioni precedenti di questa serie, pubblicate tra il 2017 ed il 2018, hanno riguardato i contesti locali di Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Portogallo, Romania e Slovacchia.

Dove è più facila fare impresa in Italia?

Risultati Principali

  • Nessuna città registra performance ugualmente positive in ciascun indicatore. Costituire un’impresa è più facile ad Ancona e Milano, ottenere i permessi edilizi a Cagliari, mentre Bologna è la città dov’è più semplice ottenere una nuova connessione elettrica. Trasferire la proprietà di un immobile è più facile a Roma, mentre risolvere una controversia commerciale è più semplice a Torino.
  • È possibile individuare buone pratiche nella maggior parte delle città esaminate. Dieci città guidano la classifica di almeno uno dei componenti degli indicatori. Bologna e Milano registrano il maggior numero di buone pratiche, essendo entrambe le città in testa in cinque componenti degli indicatori.
  • L’Italia mostra differenze sostanziali tra i diversi contesti locali. Ciò, tuttavia, può permettere alle autorità di governo di identificare le buone pratiche già presenti in alcune città e adottarle nelle altre senza dover ricorrere a riforme radicali del quadro normativo.
  • Le differenze tra le città sono particolarmente evidenti nelle aree che guardano all’ottenimento di connessioni elettriche, dei permessi edilizi, e alla risoluzione di controversie commerciali. Di contro, le procedure per avviare un’impresa e per trasferire un immobile risultano più omogenee, grazie all’introduzione di piattaforme digitali a livello nazionale che hanno permesso di standardizzare questi processi.
  • Diffondere le buone pratiche esistenti a livello locale permetterebbe all’Italia di scalare 15 posizioni nella classifica internazionale Doing Business. Un’ipotetica città che adottasse tutte le buone pratiche identificate nelle 13 città qui analizzate, si posizionerebbe al 43° posto nella classifica internazionale Doing Business composta da 190 Paesi (attualmente l’Italia, rappresentata da Roma, si posiziona al 58° posto).
  • Nel lungo periodo, le città italiane potrebbero ispirarsi alle buone pratiche sviluppate fuori dal Paese per continuare a migliorare la regolamentazione d’impresa. Al di là delle buone pratiche documentate dallo studio, rimangono diverse sfide da affrontare per migliorare il contesto in cui operano le imprese italiane. In alcuni ambiti, le imprese devono ancora fare i conti con procedure lente e che implicano costi elevati in tutta Italia. Questo è il caso, in particolare, della risoluzione di controversie commerciali, dove tutte le 13 città registrano una performance al di sotto della media UE.